Depressioni
Indubbiamente le sensazioni depressive in questo periodo si accentuano: malumori, tristezze, abbattimenti umorali, depressioni.
Beninteso che parliamo di stati d’animo e sensazioni fisiologiche, dolorose ma collegate ad eventi che contestualmente le giustificano. In un periodo di costrizioni, ansie, ipocondrie, incertezze, morte: il dolore domina e il nostro lavoro è di accoglierlo e di significarlo/elaborarlo, inserirlo in un’opera laboriosa di riadattamento faticoso ma per certi versi prezioso.
Accogliere il dolore anticipa il ritrovamento pieno del piacere dell’esistenziale. Proprio come avviene nel lavoro di elaborazione del dolore del lutto.
Poi ci sono le depressioni sintomatiche: sintomi che bloccano l’accelerazione psichica che il più delle volte si risolve in un senso di rivendicazione sull’esistenziale, di attacco al senso del reale, di controllo sulla realtà se non di evasione. Insomma uno stato di rabbiosa intolleranza che non permette di fare esperienza.
Siamo nel campo dell’esperienza paradossale: uno stato di saturazione del dolore (come in questo periodo), cosiddetto di precarietà, provoca l’attivazione del sistema antagonista: il piacere. Un piacere particolare, finalizzato alla distruzione. Un piacere rabbioso ed estremo, che si fonda sull’intolleranza nei confronti del reale. La realtà diventa un luogo opprimente e persecutorio che richiede di essere evitato e distrutto, in ogni caso non accettato.
È la condizione più pericolosa del mentale, prevale uno stato emotivo iper-accelerato e di distorsione massiccia del senso del reale; in sintesi una condizione disarmonica, disadattativa e anti-evolutiva.
Il modo che il cervello utilizza per bloccare questo stato informe di intolleranza e di eccitamento e per informare è, appunto, il sintomo depressivo.
La riflessione è: se mi trovo in uno stato di intolleranza verso la condizione precariante attuale (quarantena), e quindi di accelerazione emotiva che non mi permette di fare esperienza, cosa posso fare? Utilizzare una molecola che mi permette di accelerare ulteriormente anestetizzando il sintomo doloroso della depressione e mi aiuta nel portare a termine il mio progetto di distruzione e di evasione (sto parlando delle sostanze stimolanti come gli antidepressivi)? O permettere al mio cervello di bloccarmi (sintomo depressivo) in modo che possa fermare il mio istinto rabbioso e cominciare a fare i conti con la realtà e con il dolore (formativo) che ne consegue?
A ognuno libertà di scelta.
Nel frattempo può essere utile la lettura di una grande poetessa che meglio di noi analisti sa spiegare la sintomatologia depressiva.
Il depresso (Alda Merini).
Il depresso è un’anima instabile, luttuosa, morta.
Non ci vuole molto ad essere depressi.
Basta un po’ di luna storta, un vento che non è gradevole,
una donna non sincera, qualche colpa di sfortuna.
Il depresso è cavilloso, anomalo, iettatore.
Fa finta di cantare ma in effetti si lamenta.
Il depresso puo’ avere anche un amico,
un poveraccio incolpevole, che da’ un gran da fare
per vederlo sorridere.
Ma il depresso no, non ride, e l’amico volenteroso
Finisce per morire sconfitto.
Il depresso è come un vigile urbano
Sempre fermo sulla sua catastrofe.
Si comincia da bimbi ad essere depressi
Da grandi si diventa perfidi.
Il depresso non se ne accorge
E intorno a li muoiono persone
Che tentano di salvarlo e finalmente
Dopo aver distrutto un intero mondo di eroi
Il depresso rimane felice: è finalmente libero.
Il depresso ti annienta, ti uccide,
ma finalmente ride.