Bipolarismo

Ultimamente sempre più spesso mi chiedono del bipolarismo o arrivano pazienti in studio con questa diagnosi. Saranno gli effetti sanitari pseudoculturali del post quarantena….
Evidentemente va un po’ di moda, e ci si immagina subito chissà che folcloristiche manifestazioni psicopatologiche.
Facciamo chiarezza: l’apparato mentale funziona sempre in binario, come la pompa cardiaca: la sistole psichica equivale agli stati eccitatori, la diastole psichica a quelli inibitori.
Ed è un susseguirsi quotidiano di fasi in accelerazione e fasi in flessione emotiva, laddove le fasi in accelerazione corrispondono a momenti esplorativi e creativi, mentre quelle in decelerazione corrispondono sempre al bisogno cerebrale di fare esperienza emotiva in senso introspettivo ed intimo.
E siamo nella fisiologia del mentale.
Quando le fasi acceleratorie superano un certo livello di soglia diventano spasmi distruttivi, difensivi, evasivi e disarmonici, sino al delirio conclamato: siamo nel campo della maniacalità. A questo punto il cervello interviene con la solita sintomatologia salvavita: la fase depressiva, che blocca l’accelerazione pericolosa e lesiva.
In genere si interviene dal punto di vista esplicativo nella fase depressiva, riconosciuta come quella patologica: siamo di fronte al solito bluff sanitario!
La fase depressiva blocca e orienta un sistema che è andato in esubero. È nella fase maniacale/accelerata che si insinuano i drammi psichici, dal suicidio all’agito antisociale, dalla distruzione dei legami all’attività istrionica e onnipotente.
Quindi: siamo tutti fisiologicamente bipolari, perché ogni giorno ci confrontiamo con un quotidiano che fabbisogna dei nostri slanci vitali e dei nostri momenti di intimo e melanconico raccoglimento.
Quando la fase in accelerazione va in esubero, una sorta di tachicardia psichica, il cervello frena con la fase depressiva (il sintomo); ma se il cervello frena vuol dire che funziona e che ci dà spazio di lavoro interno.
E come ci lavoriamo? Con il farmaco stimolante che accelera ulteriormente?
O con un lavoro di consapevolezza dello stato di fragilità che sta alla base di ogni accelerazione maniacale?
La risposta è ovvia.