Didattica a distanza
In questo rinnovato “altrove”, ancora a patire tutte le ansie del caso, mentre in studio si moltiplicano i casi di pazienti con diagnosi psichiatriche, ricomincia il calvario della didattica a distanza.
Per i genitori (in particolare le madri, sacrificabili evidentemente sull’altare della pedagogia contemporanea) si tratta di un annullamento massiccio di ogni chance esistenziale, inchiodati ad un onere di sovrapposizione delirante di ruoli: accompagnamento dei piccoli, supervisione, conforto, insegnamento e segretariato (oltre a tutto il resto della vita compresso dentro le mura casalinghe).
Per i piccoli alunni delle scuole elementari si tratta evidentemente di una sottrazione volgare e violenta del loro diritto a maturare l’apprendimento nel luogo naturale del legame con il proprio mondo personale (l’amico del cuore, la ragazzina, la maestra preferita ecc…). Si ritrovano davanti al pc con maestria di adulti ma totalmente distanziati dall’impatto realmente pedagogico dei rapporti, annichiliti da ogni spunto motivazionale se non lo sprono genitoriale (a sua volta affaticato e arrabbiato). Ogni tanto piangono perché percepiscono la difficoltà del mantenimento dell’attenzione nonché l’assurdità dell’esperienza. Poi lo fanno, perché sono adattativi, ma io prego perché non si adattino alla nullificazione della bellezza della vita piena e consumata tra i banchi di scuola.
Mi fanno tenerezza, mi sembrano gli agnelli sacrificali e sacrificabili.
Oggetto consueto della predazione adulta, che mira al controllo del territorio da tempi antichi, e per la produzione commerciale sacrifica la produzione umana: quell’investimento che si dovrebbe fare sempre sull’essere umano in formazione.
Si assiste ancora una volta al fallimento della civiltà, l’apprendimento si mantiene statico piuttosto che emotivo, si mettono le basi per la nevrosi; con nonchalance.
Una nonchalance che fa terrore.