La precarietà: origine della vita
Il mio maestro, uno dei più grandi ricercatori e neuroscienziati italiani, tantissimi anni fa (ero un pischello entusiasta e stracolmo di capelli neri), durante la formazione accademica nella scuola di psicoterapia romana (in cui si studiavano le grandi teorie degli psicoanalisti principali), per farmi capire le dinamiche della follia mi accompagnò a Roma a vedere una mostra del Caravaggio.
Ricordo che era un’estate torrida, e la stanchezza dovuta alla miriade di viaggi in macchina anche notturni si faceva sentire.
Ma tutto si eclissò e al contempo si fece chiaro, quando mi mise lì davanti a quella creazione del Caravaggio così formativa, a riflettere….una canestra di frutta posizionata in bilico sul tavolo.
Il bilico, ovvero lo stato di precarietà: lo stato neurologico basale (massima espressione del dolore) da cui si dispiegano due possibilità: tolleranza del dolore e assorbimento della precarietà nel confronto con la realtà (sensazione di piacere/sollievo); oppure intolleranza della frustrazione, aumento dello stato di precarietà e risposta difensiva del cervello come formula anestetica e piacevole ma in senso paradossale (un dolore diventa piacere: ecco la follia).
Caravaggio propone la canestra in uno stato di precarietà: è la base, è l’origine di tutto, l’incipit della vita stessa.
E propone all’osservatore la scelta: sanità o follia?