L’ansia e il Covid19
Vorrei spendere poche e semplici parole sull’ansia generata dalla proliferazione ed estensione di questo virus.
Lo stato di ansietà/panico che si è generato va inquadrato da due semplici punti di vista. Essendo l’ansia/paura sempre sempre sempre un segnale di pericolo, ci attiva e ci orienta per affrontare il pericolo. Ma di quale pericolo si tratta? Un pericolo esterno, certo, nello specifico il pericolo pandemico che ci mette in guardia nel fronte dell’informazione e dell’attuazione mirata di risposte cautelative e protettive: il che si traduce in attuazione degli standard comportamentali comunicati dalle fonti ufficiali dell’OMS per preservarci, il più possibile, dall’esposizione a fattori patogeni; nulla di più.
Poi c’è un secondo punto di vista, quello interessante dal punto di vista clinico: la paura/panico come segnale di pericolo verso un pericolo interno, interiore.
L’idea di un virus che può minacciare la nostra integrità fisica e la nostra sopravvivenza è più che sufficiente per innescare fantasmi personali e fantasie legate alle angosce più primitive dell’essere umano. Attivando di conseguenza difese cerebrali che si traducono in comportamenti risolutivi, fanatici, competitivi ed irrazionali.
In sintesi non il virus, ma l’idea di un virus, poggia sul nostro livello di precarietà esistenziale che può essere elaborato intimamente come una risorsa o chance evolutiva, oppure può essere saturato portando alle conseguenze del panico e del fanatismo come scorciatoia per non affrontare il fantasma interiore.
Quindi: paura come vigilanza; oppure paura come un sintomo che mira a farci lavorare seriamente con i nostri “virus interni”, cioè le nostre angosce private e le paure più radicate e non coscienti.
Affannarsi e cercare appigli esterni in questo caso non servirà a nulla. Piuttosto fermarsi e riflettere su quale opportunità formativa l’ansia si sta concentrando. Inutile avere il frigorifero pieno e la capoccia vuota….